Aggiornato il 23 agosto 2022 da Alex Gentili
Si sente parlare sempre più spesso di Chief Happiness Officer. Ma cosa rappresenta questa figura e di cosa si occupa? Se dovessimo riassumerlo in una frase, potremmo dire che lo CHO è colui che svolge una funzione fondamentale all’interno di un’azienda, ovvero quella di trasformarla in organizzazione positiva, rendendola più produttiva e sede di un luogo di lavoro felice.
Ma facciamo un passo alla volta e cerchiamo di capire qual è nello specifico il ruolo dello Chief Happiness Officer.
Chief Happiness Officer: chi è?
Cosa NON è lo Chief Happiness Officer?
Perché lo Chief of Happiness Officer è importante?
I vantaggi di affidarsi a uno Chief Happiness Officer
Organizzazioni positive: cosa sono?
Quali competenze deve avere uno Chief Happiness Officer?
Come agisce un CHO sull’identità aziendale?
Quali sono le fasi del suo lavoro in azienda?
Qual è lo stipendio di uno Chief Happiness Officer?
Il futuro dello CHO: cosa ci aspetta?
Come diventare CHO… Per un giorno
Caso studio: Chief Happiness Officer in agenzia di digital marketing
Lo Chief of Happiness Officer è, come dice la parola stessa, il responsabile della felicità. Ma cosa significa tutto ciò? A molti sicuramente sfugge la correlazione tra la figura aziendale tradizionalmente intesa e il concetto di felicità. Da quando, per lavorare e produrre, serve essere felici?
In realtà, tale correlazione è molto più stretta di quanto, a una prima riflessione, si possa pensare. Se i lavoratori non sono soddisfatti, tendono a produrre meno e a innescare una serie di circoli viziosi negativi che difficilmente possono migliorare. A meno che non intervenga qualcuno a ripristinare il benessere aziendale.
Lo CHO si occupa proprio di questo. E il suo ruolo è molto più pratico di quanto si immagini.
La sua figura nasce nei primi anni del 2000 negli Stati Uniti e solo successivamente si diffonde in Europa. Ma se è già dagli anni ’70 che i lavoratori chiedono e pretendono migliori condizioni di lavoro, è solo da una decina d’anni che si parla di well-being management e che tale figura viene riconosciuta in modo univoco come vero e proprio mestiere.
È la danese Valcon ad introdurre per la prima volta in Europa un bilancio della felicità dei propri dipendenti, con misurazioni e analisi legate al benessere dell’ambiente di lavoro.
Lo Chief Happiness Officer è un leader positivo che opera per il bene dell’azienda, ovvero:
Lo Chief of Happiness Officer si occupa dello sviluppo organizzativo dell’azienda, per accompagnarla verso la crescita positiva delle sue persone, del suo team, del suo ambiente.
Qual è il ruolo dello CHO? Possiamo riassumere le sue attività in 3 categorie, che inevitabilmente sono una la conseguenza dell’altra:
Se è vero che a beneficiare dei suoi risultati sono soprattutto le grandi multinazionali come Google, Pixar e MCDonald’s, non è detto che quella dello CHO sia una figura legata solamente alle realtà internazionali. Non è nemmeno necessario che sia una figura interna all’azienda.
Soprattutto gli ambienti di lavoro più piccoli, infatti, non possono permettersi qualcuno che vi si dedichi esclusivamente e completamente; in questi casi, quindi, è il founder, un manager o il direttore HR a diventare CHO, oppure un consulente esterno che supporta l’azienda senza farne parte al 100%, al fine di trasformarla da organizzazione tradizionale a org+.
Come si può immaginare, lo CHO non ricopre un ruolo superficiale e teorico, come molti sono portati a pensare. Il suo è un ruolo altamente pratico e strategico, i cui risvolti economici sono tangibili.
Se il lavoratore sta meglio:
Per capire la reale importanza di una figura come quella del CHO in azienda, dobbiamo considerare alcuni dati:
Quali sono le conseguenze per le aziende?
Occuparsi della felicità dei propri dipendenti non è scontato come sembra. Al contrario, possiamo intuire che il riscontro economico sia più concreto che mai.
Trasformando in numeri le attività che si possono fare sui lavoratori, notiamo come l’intervento di uno Chief Happiness Officer possa influire in un’azienda con:
Lo CHO influisce sull’azienda perché diffonde dei valori che vengono percepiti, condivisi e promulgati anche dai lavoratori. Inclusività, coerenza, socialità, eco-sostenibilità sono solo alcune delle caratteristiche di un ambiente di lavoro in cui tutti vivono bene e lavorano altrettanto bene.
E lo Chief Happiness Officer trasforma l’azienda in un’organizzazione positiva.
Come abbiamo visto, il successo dell’azienda è strettamente correlato alla felicità che si respira al suo interno. In questo senso, il concetto di felicità può includere vari significati e sfaccettature: può equivalere a orari di lavoro flessibili, alla capacità di ascolto di nuove proposte, allo smart working, ecc. La felicità, in riferimento all’azienda, non è più solo un’emozione, ma è una competenza. E, come tale, può essere fatta propria, coltivata e diffusa.
Un’azienda felice è un’organizzazione positiva e diventa un modello culturale in cui i lavoratori si relazionano, crescono e si impegnano per ottenere risultati individuali e collettivi.
Lo Chief Happiness Officer è un leader positivo certificato. Ciò significa che ha ottenuto la certificazione per le 8 competenze chiave che deve aver fatto proprie al fine di avviare la trasformazione positiva dell’azienda.
Uno CHO certificato è coinvolto e coerente nei pensieri e nelle azioni e in grado di onorare il proposito aziendale nel migliore dei modi. È l’Italian Institute for Positive Organisations a rilasciare la certificazione di Chief Happiness Officer. E le 8 competenze appena menzionate sono si riferiscono alle capacità di:
Oltre alle competenze acquisibili e alla certificazione citata, cosa serve per diventare Chief Happiness Officer? È sicuramente necessario avere delle pregresse skills nei campi di:
L’intervento che ogni CHO deve portare a termine in azienda si compone di 4 aspetti.
Innanzitutto lo Chief of Happiness Officer deve essere in grado di condurre concretamente l’azienda verso una trasformazione culturale. Si tratta di un processo molto difficile da attuare, che deve coinvolgere tutte le persone, su tutti i livelli.
Ogni azione dello CHO dev’essere mirata alla corporate happiness. Cosa significa? I collaboratori devono essere soddisfatti e, allo stesso modo, ogni attività aziendale deve basarsi su questo concetto. Il responsabile di tutto ciò, colui che rende possibile questo risultato, è proprio lo Chief Happiness Officer.
Altro aspetto fondamentale è il coinvolgimento verso una leadership positiva nei confronti di tutti i titolari o soci dell’azienda interessata. Se anche uno solo non risponde positivamente a questo cambiamento, la trasformazione culturale non si verifica.
In quest’ottica, lo CHO deve trasmettere lo stesso approccio positivo a tutta l’organizzazione.
Come raggiungere i risultati descritti, rafforzando l’immagine aziendale e rendendola coerente agli occhi esterni? Il lavoro di ogni CHO passa attraverso varie fasi:
Approfondita ogni curiosità sul lavoro, le mansioni, le competenze di uno CHO, non resta che rispondere a una delle domande più scottanti: quanto guadagna uno Chief Happiness Officer?
Partiamo da un presupposto tanto sottovalutato quanto fondamentale. Ad oggi, in tutto il mondo, non ci sono più di 1500 CHO. Tutto questo significa una sola cosa: maggiori possibilità di lavorare e guadagnare.
Negli Stati Uniti, lo stipendio di uno Chief Happiness Officer si aggira intorno ai 126 mila dollari all’anno.
Stando ai dati Glassdoor, il guadagno minimo di uno CHO è di 55 mila dollari annui, mentre il massimo è di 291 mila dollari annui.
Cosa prevedere per il futuro, per una figura così innovativa e ancora poco diffusa?
Una cosa è certa: fino a tempi relativamente molto recenti, i modelli di business si basavano sul concetto “Ottimizza le prestazioni, senza dar tanto peso alla sensibilità di chi lavora”.
Oggi stiamo finalmente capendo che la vita personale ed emotiva di ogni singolo lavoratore è direttamente collegata alla sua produttività, per cui è necessario e prioritario prendersi cura di lui a tutto tondo.
Se tutto questo non bastasse, ti invitiamo a riflettere su alcune questioni di cui negli ultimi anni si sente parlare sempre più spesso e che influenzano la vita lavorativa di tutti noi, come:
Infine, il Covid. Quante persone, dopo la pandemia, hanno messo in discussione il proprio lavoro perché si sono rese conto dell’impatto che questo aveva sulla qualità di ogni singola giornata?
Quando ci interroghiamo sul futuro di una figura come quella dello Chief happiness Officer e riflettiamo sull’influenza di queste questioni negli ultimi 5 anni, tutto è più chiaro: il suo ruolo si farà sempre più determinante. Soprattutto se consideriamo che, per la nuova generazione di lavoratori, il feedback lavorativo è una leva motivazionale decisamente più importante che per il target degli over 40.
Mettiti alla prova e osserva in prima persona i risultati.
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